Caro dottore,
vorrei parlarle della mia timidezza, di come essa mi impedisca di stare con gli altri. Spesso non riesco a guardare negli occhi le persone, chiunque esse siano. Spero sempre che non se ne accorgano, ma non è possibile. Di solito perdo le persone alle quali tengo, perciò, nonostante mi piaccia stare con gli altri, mi trovo spesso sola e angosciata, ed ho solo dei rapporti “toccata e fuga”. Pensa che una ormai quasi trentenne dovrà per sempre fare i conti con questa difficoltà, o un giorno riuscirà finalmente a liberarsene?
Cara A,
Vorrei avviare una riflessione utilizzando una “provocazione”. Provi per un momento a rovesciare la prospettiva: può essere che non siano gli altri che lei non riesce a guardare, ma sé stessa. Non è forse vero che gli occhi di un altro riflettono la nostra immagine? Ogni volta che entriamo in relazione con una persona, sia pure per la breve durata di uno sguardo, dobbiamo confrontarci con l’immagine che abbiamo di noi stessi, e con la misura che diamo al nostro personale valore. Posso azzardare l’ipotesi che lei non apprezzi molto il suo valore? Che abbia poca stima di sé stessa? Che abbia paura, guardando l’altro, di essere vista? Come sempre, attraverso questa rubrica, mi posso permettere solo azzardi!!!
E’ difficile guardare le persone negli occhi, mi creda. Dopo qualche istante si distoglie lo sguardo, tutti lo fanno. La durata del contatto dipende anche dalla intensità e qualità della relazione. Ma a volte, come è il suo caso, non si riesce a mantenere il contatto con gli occhi nemmeno per un tempo brevissimo. Credo che lei abbia bisogno di riflettere sul valore delle esperienze che ha fatto nella vita, sul valore della persona che è diventata oggi, mettendo da parte il suo severo giudice interiore, e cercando di guardarsi con maggiore accettazione e benevolenza. Forse è proprio lui, il suo giudice, ad impedirle di aprirsi agli altri. Ancora un azzardo!!!
Se questa argomentazione sembra, almeno in parte, appartenerle, provi a ricordare come e quando ha imparato a non dare valore a sé stessa: è possibile che si tratti di una lezione imparata nel passato, dove i messaggi, almeno quelli percepiti, erano di una incessante e sottolineata inadeguatezza.A un certo punto nella vita è però necessario gettare via questi vecchi condizionamenti. Vorrei darle un suggerimento. Quando si accorge di sfuggire allo sguardo di qualcuno si faccia questa semplice domanda: “di cosa ho paura in questo momento? Che cosa potrebbe succedere?” Se riesce a diventare consapevole della sua ansia, nel momento stesso che la sta provando, può darsi che si accorga che non succede niente di terribile, anche se guarda una persona negli occhi un po’ più a lungo!
Questo è il miglior modo di disfarsi delle proprie paure: scoprire che sono solo il frutto di nostre costruzioni, che una volta demolite dal terremoto della nostra creatività non lasciano però né macerie da scavare né cadaveri da piangere.
Scrivi un commento