Quanto ci concediamo il contatto?
L’avvicinamento all’altro da sé come pratica di Benessere
In queste ultime settimane ci stiamo occupando di quelle modalità pratiche e di quelle opportunità semplici e tratte dalla quotidianità che ci possono aiutare a ripristinare la nostra capacità naturale, come abbiamo visto sempre a disposizione negli animali, di ritornare in fisiologia attraverso comportamenti di recupero e di rigenerazione.
Un ruolo fondamentale è rivestito dai comportamenti di vicinanza, dove, come abbiamo visto, la componente corporea e di contatto riveste un ruolo fondamentale nell’attivazione di processi neuroendocrini in grado di intervenire su quegli squilibri ormonali propri dei contesti di stress e di stress cronico.
Nella mia pratica professionale mi trovo spesso a lavorare con coppie in crisi e, visto il mio lavoro, questo è abbastanza ovvio, direte voi.
C’è però un aspetto della mia riflessione su questo tema che riguarda tutti e che vorrei condividere oggi con voi.
Negli anni ho imparato, peraltro non solo relativamente alla coppia, che un sistema che non entra in crisi non è un sistema sano, e che una crisi rappresenta una grande opportunità di cambiamento, aspetto peraltro sottolineato dallo stesso etimo della parola, che rimanda al separare per discernere, e dal senso che viene dato a tale esperienza dalle tradizioni antiche, specie orientali, che ne colgono l’aspetto di opportunità.
Credo non sia necessario scomodare un esperto per sapere che in questo contesto di crisi le attività di contatto si riducano, sino ad azzerarsi completamente; ma non è questo il vero punto della questione che vorrei sottoporre alla vostra attenzione.
Quello che mi hanno fatto comprendere queste esperienze e, in particolare, quelle di accompagnamento di tali coppie nella direzione di un graduale riavvicinamento, è che, rispetto all’esperienza del contatto, noi umani abbiamo perso il senso della gradualità, e come per le emozioni, agiamo secondo criteri on/off.
Ripristinare sane pratiche di vicinanza in contesti relazionali compromessi significa invece perseguire percorsi di gradualità, dove la presenza dell’altro solo gradualmente inserisce la componente del contatto.
All’inizio di un lavoro di coppia sempre più spesso prescrivo situazioni di presenza condivisa che spezzino e disarticolino gli automatismi della quotidianità, dove le variabili tempo e distanza vengono messe in gioco molto gradualmente.
Facendo questo lavoro si agisce dal basso su importanti processi di adattamento e bisogni ancestrali che stanno alla base del senso del controllo del pericolo e che permettono lo sviluppo dell’identità personale e della definizione dei ruoli.
Si può partire dal condividere una stanza anche solo 10 minuti al giorno, eliminando ogni fonte di disturbo, osservando e ascoltando tutte le sensazioni fisiche e psichiche che emergeranno.
Da questa base si potrà, agendo sapientemente e gradualmente sul tempo e sulla distanza, ricostruire o, a volte, costruire ex novo, uno spazio di intimità.
Ovviamente questo non vale solo con le coppie e per le coppie, tale percorso appare fondamentale per affrontare tematiche quali quelle della fiducia nei confronti di se stessi e del mondo.
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