Caro Dottore,
Sono preoccupata per mio figlio:oltre i 30 anni, un bravo ragazzo legato alla famiglia, anche se eternamente in polemica con il padre, il quale gli lascia forse poco spazio nella gestione dell’azienda di famiglia. Tutto nella norma se non fosse per la sua continua smania di comperare sempre qualcosa. Non è in grado di gestire il denaro dando delle priorità. Quando si cerca di farlo ragionare, dice sempre che sono cose necessarie. Se si rompe qualcosa non riesce a capire che si potrebbe tentare di aggiustare, oppure se perde qualcosa lo ricompra subito.
Più il tempo passa e più …..spende. Affettivamente non va male. Ha cambiato diverse ragazze, ma ora ha una ragazza che lo ama e penso che ami. Però le cerca sempre più giovani di almeno 10 anni! Non avrà la sindrome di “Peter Pan”? Oppure io sono stata troppo chioccia? O è veramente una malattia psicologica? Le chiedo un aiuto a capire.
Grazie
Cara V,
ho letto con interesse la sua lettera che mi ha condotto a riflettere su di una tendenza che sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti, tanto da diventare oggi un vero e proprio problema: la shopping mania. Non ritenendo utile una semplice dissertazione teorica sull’argomento, mi permetta di “utilizzare” il suo caso per esplicitare in modo concreto in che contesto questa possa fiorire.Partiamo dalla sua affermazione: “bravo ragazzo legato alla famiglia, anche se eternamente in polemica con il padre, il quale gli lascia forse poco spazio nella gestione dell’azienda di famiglia”. Questa la dice lunga su una situazione tra i due che necessita di una maggiore attenzione.Mi chiedo e le chiedo: quanto suo figlio si sente accettato, stimato e quindi, anche in conseguenza a ciò, ma non solo, responsabilizzato?
Veniamo poi al fatto di cercare ragazze più giovani: può essere il segno che egli ricerca relazioni nelle quali sentirsi più grande, maturo e, forse, protettivo. La sicurezza che gli da il comprare, l’avere, l’ammucchiare, il sentirsi in linea con i tempi, completa il quadro.
Si chiede se è stata “troppo chioccia”, non lo so, forse. La sindrome di “Peter Pan”, visto che la cita, mette l’accento sul desiderio di non crescere, di quegli eterni adolescenti che indugiano nel sicuro, caldo e comodo nido rimandando, otre a ogni limite ragionevole, il momento di spiccare il volo verso “la grande avventura della vita”. E non so se giochino più l’egoismo e l’immaturità o un comprensibile quanto oscuro timore di un salto nel vuoto.
Una panoramica, quella che le ho riduttivamente prospettato, di plurime responsabilità genitoriali, non di colpe, che spesso, nonostante le più buone ed oneste intenzioni, imprigionano questi ragazzi, ora schiacciandoli con ambizioni non loro, ora sollevandoli da doverose responsabilità. Atteggiamenti contraddittori questi, a volte, fatti convivere all’interno dello stesso contesto familiare: una vera miscela esplosiva che, in termini di crescita umana e personale, non può certo condurre lontano.
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