Caro Dottore,
Ho bisogno di un conforto perché oggi sono particolarmente giù, anche se dovrebbe essere una bella giornata: il mio ragazzo ha iniziato il suo primo giorno di lavoro e nel settore per cui ha studiato. Peccato che per la stessa società avevo già fatto il colloquio io mesi prima di lui: non mi hanno preso, e pertanto ho segnalato il responsabile del personale a lui, che invece è stato immediatamente preso.
Sono molto contenta per lui, perchè inizia a lavorare prestissimo ma non riesco ad essere completamente felice e disinteressata: ho ancora problemi di lavoro, in quanto non riesco a trovare una occupazione e inoltre mi sento quasi che quel posto me lo abbia “rubato”. Mi rendo conto che è meschino, ma è il mio pensiero! A cui si aggiunge la paura di non riuscire a fare qualcosa di buono nella mia vita, e la paura, anche se mi rendo conto che è stupido, che lui se ne vada via da me perchè mi possa considerare una fallita! Sono due anni che cerco lavoro e che ancora sono impelagata in un impiego da praticante non pagato ed umiliante, per questo che non riesco ad essere felice per lui, invidio il fatto che lui solo dopo due mesi possa aver trovato lavoro, e un buon lavoro. Sentirlo parlare di questo impiego mi riempie di amarezza, di invidia e di completa frustrazione per la mia situazione attuale. Insomma, fa uscire il peggio di me. Grazie in anticipo per l’aiuto, e complimenti per la sua rubrica!
Risposta
Cara S,
Invece del conforto che chiede, preferisco offrirle uno spunto di riflessione, che è cosa ben diversa. Il conforto mi fa pensare a qualcosa di ineluttabile, di fronte alla quale si è più o meno impotenti, mentre nella sua situazione non c’è niente di definitivo!
A cosa le serve giudicarsi così severamente? Che ne dice di problematizzare questo giudice interno, quella parte di sé che la induce a considerarsi invidiosa, meschina, fallita? Che la fa sentire sempre più scoraggiata e frustrata? Lei considera riprovevole la sua ambivalenza rispetto al posto di lavoro del suo ragazzo, o i suoi sentimenti di invidia, di ansia, di frustrazione. Sarebbe come dire che i sentimenti sono di per sé riprovevoli e questo è falso. Riprovevole può essere quello che si fa, come si agisce sull’onda dei propri sentimenti. Emozioni e sentimenti sono quello che sono e sentirsene in colpa non ha senso, anzi si può esserne loro grati perché sono il motore della vita, sono loro che danno inizio e accompagnano scelte, decisioni, azioni, il procedere quotidiano della vita. Una vita priva di sentimenti forti, di ansia, di turbamenti sarebbe una vita immobile, sterile.
Cerchi di prendere atto di ciò che sente, e accettarlo, senza aggiungere l’ulteriore sofferenza della rigida autocritica, magari condividendo il tutto con il suo ragazzo; questo per evitare che si crei tra di voi uno spazio di incomprensione o diffidenza, che rischierebbe di crescere anziché attenuarsi.Però attenzione: accettare ciò che sente non significa lasciarsi andare ossessivamente ai propri pensieri negativi. Presti attenzione quando comincia a rimuginare pensieri di colpa, di paura, di inutilità, etc.. essi sono una palla al piede che succhia energia, motivazione, speranza e vanno pertanto trasformati.
Questo modo di intendere le emozioni è un atteggiamento mentale molto noto al pensiero orientale, il quale ha creato tecniche e strategie quotidiane per farsene carico, al contrario del nostro pensiero occidentale che tende esclusivamente a delegare all’”esperto” la gestione di tali questioni. Provi ad accostarsi anche a quel diverso modo di intendere le emozioni, integrandolo con la sensibilità che già possiede: potrebbe accedere ad un “mondo nuovo”.
Un caro saluto.
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