Le tecniche di rigenerazione
Ecco alcune soluzioni per rigenerarsi
Come abbiamo visto la sorsa settimana, il recupero da situazioni di stress necessita, in particolar modo se ci si trova in condizioni di stress cronico, di specifiche e mirate strategie di recupero, che possiamo ancor meglio denominare di rigenerazione.
Ve ne sono molte, non tutte adatte a tutti, alcune più efficaci con taluni rispetto ad altri, altre più interessanti in contesti specifici, quindi tendenzialmente da personalizzare in funzione delle caratteristiche individuali ed ambientali.
Vorrei però accennarvi a due di queste, che io spesso consiglio a pazienti o allievi che possano averne bisogno, molto diverse tra loro, ma entrambe con in comune questa funzione implicita della rigenerazione.
La prima consiste nell’assumere una posizione di abbandono (sdraiati supini formando con le braccia e le gambe una sorta di X) con una respirazione fisiologica e focalizzando il nostro pensiero sulla condizione fisica di abbandono. In questa posizione e con questo atteggiamento, dobbiamo concederci di esporci fisicamente e psicologicamente, favorendo il più possibile uno stile di deliberata e cosciente arrendevolezza. Tale esperienza, perché sia efficace sotto il profilo neurobiologico, dobbiamo mantenerla solo per pochi minuti ma 2/3 volte al giorno.
Una diversa opportunità di recupero che possiamo darci è quella di utilizzare quella propensione di tutti i mammiferi, al fine di garantire la propria sopravvivenza, di mettere a fuoco a distanza. Una modalità questa che permette ad essi di avere sotto il proprio controllo una vasta zona di territorio, riducendo, in tal modo, la possibilità dell’arrivo inaspettato di un predatore. Tale procedura, che oltre a svolgere una funzione di natura pratica ed avere un ruolo di rassicurazione, risulta attualmente assai penalizzata negli esseri umani, oggi più propensi, a causa dell’uso sempre più frequente di cellulari e PC, a focalizzarsi a breve distanza.
Come già detto, sono molte le soluzioni che possiamo introdurre nella quotidianità, più o meno adatte alle nostre caratteristiche personali o alla difficoltà che stiamo attraversando.
Vi sono inoltre pratiche di movimento che sfruttano l’asimmetria, piuttosto che camminate associate a particolari strategie di pensiero o, passando ad altri livelli di lavoro, che peraltro affronteremo in futuro, ad attività di contatto fisico diversificate per distanza, grado di attività, ecc..
Personalmente, nella mia pratica individuale e di gruppo, riprendendo e rivisitando alcune pratiche di origine orientale, tecniche come la meditazione dinamica di Osho o di altri autori, faccio anche uso di modalità che recuperano comportamenti innati negli animali come quello dello scrollamento o sezioni che lavorino sul senso di padronanza del corpo, sulla ricerca della libertà del movimento ed anche sulla fiducia di sé e dell’altro, agendo, in questo caso, sul piano della relazione.
La mia esperienza mi insegna quotidianamente che quello che funziona per l’uno non è detto che funzioni anche per l’altro.
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