Caro dottore,

Ho 23anni, il padre di mia figlia (di 8mesi) ne ha 25. Vive per strada da qualche anno, alternando momenti di euforia a momenti di profonda depressione. Quando la sua famiglia ha provato, nei momenti in cui si trovava a casa perchè depresso, a farlo parlare con uno psichiatra ha sempre opposto una forte resistenza.
Ora sta attraversando un periodo di iperattività, è impossibile fermarlo quando parla e parla per ore, i suoi pensieri sono confusi e apparentemente senza una logica ed è anche molto irritabile e aggressivo. Lui dice di amare sua figlia sopra ogni cosa e io ne sono convinta, ma il suo bene e quello della bambina vorrei sapere cosa dovrei fare per aiutarlo davvero…da sola non lo convinco certo a ragionare, e così non può stare.
Ho paura per lui, per me e per nostra figlia.
Mi dia un consiglio, grazie.

Risposta

Cara S.,
non nego la mia difficoltà nel risponderle, la drammaticità del suo racconto impregna infatti tutta la sua lunga lettera, qui presentata nei suoi elementi essenziali per ragioni di spazio.Per spiegarle sia le mie sensazioni sia quanto ho in mente relativamente alla sua situazione, mi permetta di farle l’esempio del Ticino, si proprio del fiume. Esso può vendicarsi quando sfidiamo le sue acque, aprendo i suoi gorghi proprio quando ci sembra di sentirci più forti di lui e ci risucchia nelle sue acque immense come in un vortice. Troppo spesso chi è travolto in questi gorghi non sprofonda da solo. Quasi sempre anche chi tenta di salvarlo, poi non ha più la forza di liberarsi dal risucchio. Purtroppo questa lotta disperata finisce soltanto con la morte di entrambi, lasciando addolorati e attoniti tutti coloro che dalla riva hanno visto tutto questo accadere.Deve sapere cara S. che i rapporti importanti si insinuano nelle pieghe più nascoste del nostro intimo, di quell’intimo che a volte è sconosciuto anche a noi stessi. Il confine tra se stessi e l’altro finisce così per avere contorni sfumati, non definiti e per questo rischiosi. Per ritornare quindi al fiume, io credo che l’amore che la lega al papà della sua bambina la porti ad una rischiosa vicinanza al vortice della sua disgregazione.Nella sua lettera racconta la sua paura per lui, per lei e per vostra figlia. E la paura si insinua nella sensazione di impotenza che prova quando sente che “da sola non lo convince certo a ragionare”. Sa anche che così non si può andare avanti! Lo sa per lei e lo sa soprattutto per vostra figlia. La sofferenza si fa ancora più acuta quando la paura e il senso di impotenza diventano disperazione di fronte al suo grido di aiuto, grido ancora più angosciante perché destinato a disperdersi nel vuoto: in quel vuoto creato dalla lacerazione di suo marito e dalla sua incapacità ad accettare l’aiuto di chi lo ama.
Un invito?

Non dimentichi che la vostra bambina ha bisogno di punti di riferimento stabili per crescere e che è solo attraverso il suo stare bene con se stessa che lei può rappresentare per sua figlia quel punto fermo da cui partire per affrontare la vita.

Un consiglio?

Dalla sensibilità mostrata nelle parole della sua lettera, lei risulta in grado di scegliere di farsi aiutare a comprendere il senso della sua relazione con questo ragazzo così disperato. In un modo o nell’altro, non esiti a farlo!